Teoria della disonestà. Quando animali, uomini e macchine non dicono tutta la verità

Uno dei più grandi ingannatori dei nostri tempi si chiama Kevin Mitnick.
Mitnick è un hacker.

Kevin a 12 anni convince un autista di autobus a farsi dire dove può trovare una perforatrice, raccontandogli che gli sarebbe servita per un progetto scolastico.
Si fa dare 15$ dalla mamma, va in un deposito di autobus, ne acquista una, si procura una matrice inutilizzata facendo dumpster diving, e compie la sua prima frode ai danni del sistema di trasporti di Los Angeles.
A 12 anni può viaggiare gratis in tutto il paese, per sempre.
Da lì in poi riesce ad infiltrarsi nei maggiori sistemi di sicurezza informatici, è braccato dagli agenti dell’FBI che più volte arrivano troppo tardi per acciuffarlo e trovano al suo posto una scatola di ciambelle con dedica.
Dopo aver violato la sicurezza nazionale, viene catturato e condannato a 5 anni di prigione.
Una volta uscito fonda una società di consulenza per la sicurezza informatica.

Cosa ha a che fare Mitnik con il modo in cui gli animali comunicano?
Molto. Perché l’ingegneria dell’inganno ha le sue radici biologiche nella comunicazione animale.

Animali onesti

Film, serie TV e testi delle canzoni sono spesso accompagnati da un disclaimer. Un messaggio che mette in guardia l’utente rispetto ai contenuti che troverà, in modo da dargli il tempo di decidere se procedere o fermarsi.

La gazzella di Thompson, quando avvista un ghepardo seminascosto nell’erba alta, compie dei balzi in verticale, tirando calci all’aria.
Questo comportamento, denominato stotting, è un’ostentazione di buona forma fisica volta a comunicare al predatore che la sua copertura saltata, ma soprattutto che dovrà fare molta fatica per andare a segno.
Mediamente la caccia va a segno 1 volta su 2, quindi il ghepardo deve valutare attentamente il costo dell’operazione rispetto al valore della ricompensa.
Lo stotting è il disclaimer con cui la gazzella mette in guardia il ghepardo dei costi che dovrà sostenere durante la caccia.

Su Tinder, una delle applicazioni di dating online più usate al mondo, le persone entrano in contatto dopo un match, ovvero una preferenza reciproca, che avviene semplicemente guardando le foto profilo.
Tinder è di fatto una piattaforma di autopromozione, in cui ciascuno usa le proprie foto migliori per rimorchiare.

Il fagiano dell’Himalaya, per conquistare una potenziale partner, si esibisce in un rituale di corteggiamento in cui ostenta un piumaggio variopinto. La colorazione del maschio e il suo atteggiamento agiscono da indicatori della propria qualità genetica. Come per il pavone o l’uccello del paradiso, il piumaggio nuziale è il profilo TINDER con cui un individuo fa autopromozione, aumentando il proprio valore percepito.

La pubblicità è in assoluto il settore principe in cui viene applicata la comunicazione. Ogni giorno su tutti i media, fisici e digitali, siamo bombardati di messaggi volti a sponsorizzare marchi e prodotti.
Le campagne ADV per funzionare devono essere chiare e ben riconoscibili.

L’orso bruno americano marca il territorio grattandosi la schiena sulla corteccia degli alberi. Attraverso le proprie ghiandole e imprimendo segni con i propri artigli, lascia un messaggio visivo e odoroso del suo passaggio, rivolto agli orsi che verranno dopo.
L’orso fa Advertising.

Un po’ di teoria

Il modello di Shannon-Weaver (la madre di tutti i modelli di comunicazione) definisce l’architettura della comunicazione come costituita da un emittente (S) che trasferisce informazioni ad un ricevente (R) sfruttando un canale di trasmissione per il quale ciascuno possieda un sistema di trascodifica, e utilizzando un protocollo condiviso.
Questo modello si applica all’elettronica, alle telecomunicazioni, all’informatica e a qualsiasi sistema in cui ci siano agenti che si trasferiscono dati, compresi gli animali.
La sua applicazione in biologia prende il nome di teoria dei segnali.

Nei casi precedenti gli animali mettono in atto una comunicazione onesta, nella misura in cui i segnali che inviano veicolano un messaggio non ambiguo.
Si tratta di una strategia win-win, poiché tutti gli attori in gioco, conspecifici, predatori o possibili partner, traggono vantaggio nel ricevere informazioni veritiere.

Ma all’interno di una dinamica competitiva, un comunicazione disonesta può conferire un vantaggio al’emittente a discapito del ricevente.

Manipolazione dei segnali

Il modo più semplice per evitare di fornire informazioni preziose è non emettere alcun segnale, oppure occultarlo.
Il mimetismo criptico di animali come l’insetto stecco, l’insetto foglia, il geco etc. è un esempio di occultamento dei segnali visivi, poiché la forma, i colore e i movimenti consentono loro di scomparire rispetto allo sfondo.

Se non puoi nascondere l’informazione, ti conviene renderla difficilmente comprensibile.
Tutte le password che utilizziamo per accedere alla posta elettronica, ai social network o all’internet banking, sono memorizzate all’interno di database in forma crittografata. La parola chiave che scegliamo per proteggere i vostri account non viene scritta così com’è, ma trasformata da un algoritmo di cifratura che la rende non intellegibile anche all’amministratore stesso della base dati.
Rotolarsi sulle carcasse è una tecnica di crittazione dei propri dati odorosi attraverso l’aggiunta di rumore al segnale.

Il messaggio dunque può essere oscurato o mascherato. Ma può anche essere contraffatto.
Diversi animali esibiscono colori vistosi (di tinte rosse, gialle e nere) per indicare la propria pericolosità o tossicità. La colorazione aposematica agisce da segnale onesto rivolto ad eventuali predatori e competitori che ne riconoscono il significato di allarme.
Poiché il messaggio funziona, un imitatore innocuo può riprodurre lo stesso segnale e apparire pericoloso anche se non lo è.
Ha luogo la comparsa dei falsari, animali-copia difficilmente riconoscibili agli occhi dei nemici rispetto alla versione originale.

Al tavolo con i falsari ci sono anche i giocatori di poker.
Si tratta di animali che esibiscono un comportamento deimatico, ovvero fingono di essere molto più aggressivi di quanto non siano, attraverso caratteristiche corporee che spaventano i predatori, o atteggiamenti che li fanno apparire più grossi e minacciosi.

Altre volte gli animali sono vittime di inganni vegetali.
Le orchidee del genere Ophris hanno un petalo che simula fedelmente le caratteristiche cromatiche, morfologiche, tattili e chimiche della femmina dell’insetto impollinatore. Il maschio viene attirato con un inganno sessuale all’interno del fiore, dove si ricopre di polline senza ottenere nulla.

L’inganno dell’orchidea è simile a quello delle news che sfruttano falsi titoli sensazionalistici o immagini ad effetto per dirigere l’utente verso un sito che trae profitto da banner pubblicitari.
L’orchidea mette in atto il corrispettivo vegetale del clickbaiting.

Sofisticare l’informazione

I casi di criptismo, mimetismo e comportamento deimatico sono un risultato evolutivo che agisce a livello fenotipico sull’aspetto dell’organismo. Il falso corallo, l’insetto stecco e l’orchidea non decidono quando e come falsificare i segnali inviati ai destinatari della comunicazione.

Il corriere americano è un passeriforme che depone le uova a terra nascoste nell’erba.
Quando un predatore si avvicina, non potendo combattere per difendere il nido, opta per un diversivo. Si allontana lamentandosi e muovendo un’ala come fosse rotta. Quando il predatore, attirato da quella che crede essere una preda ferita, è sufficientemente lontano dal nido, il corriere americano spicca il volo.
La simulazione dell’ala rotta consiste in una manipolazione dell’informazione speculare rispetto a quella dello stotting, poiché l’uccello fa credere al predatore che il costo della caccia sia basso.

Invece l’opossum quando si sente minacciato e non ha via d’uscita simula la sua morte. E lo fa in modo molto teatrale, con tanto di spasmi e lingua a penzoloni. La messinscena spesso sortisce l’effetto di far desistere il predatore di fronte a quello che appare come un pasto abbastanza schifoso.

Le femmine di Dragone Alpino, una specie di libellule, fingono la propria morte precipitando al suolo, per evitare le avances dei maschi.

Le bugie di Homo sapiens

Mentre gli animali si limitano ad alterare la percezione, noi manipoliamo direttamente l’informazione attraverso quella che è la nostra corsia preferenziale: la parola.

Uno studio sui bambini ha evidenziato come la percentuale di bugiardi esploda dal 30% al 80% tra i 3 e i 4 anni.
Da quel momento in poi, la maggior parte degli adulti dice bugie più o meno di continuo, su tutto e con tutti. Mentiamo durante i colloqui di lavoro, con i nostri genitori, con i nostri amici.
Ma soprattutto mentiamo nelle applicazioni per incontri online.

Il motivo per cui il sesso nasconde un conflitto di interessi, dipende da una asimmetria di investimento riproduttivo.
Dal momento che la femmina sostiene costi elevati, deve stare molto attenta a scegliere un compagno che, oltre a darle una prole sana, sia in grado di aiutarla nel crescerla e procurarsi risorse adeguate a mantenerla.
Il maschio invece può permettersi di passare velocemente da una femmina all’altra massimizzando la propria prole, poiché i costi che sostiene per la riproduzione sono minimi.
Per farla breve, i maschi competono per la quantità, le femmine scelgono la qualità.

Le due differenti strategie portano a ricercare differenti indicatori e quindi a esibire, all’interno della comunicazione intraspecifica, differenti segnali.

Dal momento che i maschi sono prevalentemente attratti da segnali di fitness (quali la bellezza del viso, le proporzioni corporee, l’età) e dalla disponibilità sessuale, le donne sono portate a mentire sul proprio aspetto fisico, sul peso, sull’età e sul loro reale interesse sessuale (che in genere i maschi sovrastimano).

Simmetricamente, poiché le femmine per una relazione a lungo termine cercano prevalentemente fedeltà, impegno, uno status sociale elevato e un’adeguata disponibilità di risorse, gli uomini tendono a presentare se stessi esagerando il proprio ruolo professionale, ostentando una capacità di spesa spesso superiore alle loro effettive possibilità, sono più propensi a mentire sul proprio coinvolgimento emotivo e sui propri sentimenti.

Ma soprattutto gli uomini utilizzano indicatori riguardo al proprio impegno in una possibile relazione, regalando fiori, organizzando cene a lume di candela e, quando devono fare una proposta di matrimonio, comprando gioielli.

Rose rosse per te

Sono molte le specie animali in cui il maschio porge alla femmina un dono nuziale per ingraziarsela.
In alcuni ragni il maschio confeziona una preda all’interno di un bozzolo di seta e lo regala alla femmina per aumentare le sue possibilità di accoppiamento.
Talvolta però qualche maschio particolarmente taccagno fa il furbo, e costruisce una confezione gigante vuota all’interno.
La femmina, dal canto suo, per evitare di essere gabbata, gira tra le zampe il pacchetto soppensandone il contenuto per capire l’effettivo valore del dono, e spesso cerca di andarsene portandoselo via senza dare nulla in cambio.

Il fatto che una donna desideri una pietra costosa e inutile invece di un cesto di frutta non ha a che fare con la bellezza o il valore economico dell’oggetto. Ha a che fare con la comunicazione sottesa a quel segnale. Ma che effetto farebbe se la promessa sposa scoprisse che il diamante è un falso da quattro soldi?
Un trilogy è un segnale onesto quanto i colori aposematici del serpente corallo, perché agisce da indicatore di disponibilità (economica, ma anche affettiva) certificando l’impegno del compagno e le risorse che è in grado di procurare. E può farlo molto meglio di un anello di cipolla proprio perché il costo del diamante elimina la possibilità che si tratti di un bluff, sempre che sia autentico e non sia rubato.

Bluffare però è diventato molto più semplice perché i social network, i sistemi di messaggistica e le applicazioni di dating hanno esposto ancora di più le vulnerabilità della comunicazione basata esclusivamente sul linguaggio.
Un uomo generoso di complimenti, che dice di essere un pilota di elicotteri e promette vacanze in barca, in realtà non sta mettendo in gioco nulla, ma utilizza segnali verbali gratuiti al posto di segnali onesti e costosi.
Nella Teoria dei giochi, le chiacchiere di chi fa il seduttore senza sostenere un costo sono cheap talking. Rumore di fondo: gratuite, non vincolanti, non verificabili.

Hackerare la mente

L’inganno che utilizza la parola come corsia preferenziale in realtà non mette sotto attacco un sistema di percezione e riconoscimento.
Va a modificare direttamente lo stato mentale della vittima e la sua conoscenza relativa al contesto.

Mitnick spiega che per rubare il numero di una carta di credito non è necessario forzare firewall e sistema di sicurezza. Basta usare l’ingegneria sociale per hackerare l’essere umano come fosse una macchina. Facendo leva sulle vulnerabilità della macchina-uomo è facile manipolare, sedurre e conquistare la fiducia di una persona affinché sia lei stessa a fornire volontariamente una password o un numero di telefono.

Una truffa, non è una semplice contraffazione del segnale visivo o uditivo.
Quello che il truffatore sta realmente manipolando è il modo in cui la vittima rappresenta la realtà.
Sta eseguendo un’operazione di hacking mentale.

I bambini diventano hacker mentali all’età di circa 3 anni, quando iniziano a possedere una teoria della mente.
La teoria della mente è la capacità intuitiva di incarnare la conoscenza di un’altra persona. Di utilizzare la propria mente come una macchina virtuale per emulare la mente di qualcun altro. La teoria della mente permette di usare il proprio cervello come un simulatore di altri cervelli, simulatori a loro volta.
In poche parole sapere cosa gli altri sanno o credono di sapere ma non sanno.

Il linguaggio è uno strumento generativo, ricorsivo, combinatorio e a basso costo che ci permette di costruire bugie per instillare false credenze negli altri.
Di conseguenza, i nostri non sono quasi mai inganni di percezione, ma inganni di metarappresentazione.

La discussione sul fatto che anche gli animali non umani abbiano qualcosa di simile ad una teoria della mente è aperta, ma il tipo di inganni che mettono in atto non sembra avallare l’ipotesi che prendano in grande considerazione gli stati mentali altrui. Con qualche eccezione.

I cercopitechi utilizzano richiami d’allarme quando avvistano un pericolo come un serpente, un leopardo o un’aquila. Talvolta però alcuni individui sembrano sfruttare il fuggi-fuggi che si crea all’emissione di un richiamo tattico per allontanare i propri compagni da una risorsa e avere campo libero.

Diverse specie di corvidi nascondono il cibo in centinaia di nascondigli diversi, e ricordano perfettamente la posizione e il contenuto di ciascuno.
In presenza di altri conspecifici però fingono di nascondere il cibo per posizionarlo altrove, lontano da occhi indiscreti.

Corvi e scimmie sembrano in grado di costruire il modello mentale di un altro animale, e con un cambio di prospettiva valutarne conoscenze, intenzioni, obiettivi.

Il paradosso dell’onestà

Appurato che l’inganno, la manipolazione e la falsificazione sono onnipresenti in tutto il regno animale (e non solo), viene da chiedersi: per quale motivo gli animali non sono tutti falsari?

Per un motivo molto semplice. Perché non facciamo una partita a giocatore singolo, né una partita a mano singola.
La vita biologica è un framework di replicazione multiplayer. E’ una piattaforma multigiocatore in cui ciascuno usa strategie adattive all’interno di un ambiente competitivo, dinamico, eterogeneo.

In una dinamica multigiocatore, l’inganno è una strategia tanto più efficace quanto più infrequente. Una truffa funziona quando la vittima non se la aspetta. Ma quando aumentano i truffatori aumenta anche la pressione selettiva sulle vittime.

La guerra delle uova

Il cuculo viene definito un parassita di cova poiché depone le proprie uova in nidi altrui, spesso di specie differenti.
Per difendersi la vittima inizia a discriminare le uova sulla base del loro aspetto, così da individuare eventuali intrusi e sbatterli giù dal nido.
Per evitare di mandare a morte le proprie uova, il cuculo depone uova che si camuffano con quelle dell’ospite, sviluppando addirittura una preferenza specie-specifica anche a livello del singolo individuo.
Il passerotto, per non incorrere in troppi falsi positivi, imparare a contare le uova, così da capire a colpo d’occhio se il nido è stato attaccato in sua assenza.
Il cuculo per non dare nell’occhio depone un solo uovo mimetico alla volta, dopo aver rimosso un originale dal nido.
La cannaiola si ritrova sempre più spesso a covare uova non sue, così impara a discriminare il becco dei neonati.
Il cuculo risponde evolvendo becchi mimetici. E addirittura ali che richiamano l’immagine e i colori del becco imitato.

L’evoluzione spinge l’acceleratore del potenziale bellico delle specie, selezionando da una parte gli investigatori più attenti a riconoscere le minime differenze tra il modello e l’imitatore, dall’altra i truffatori più convincenti, attraverso un anello di feedback che innesca una corsa agli armamenti evolutiva.

Chi vince alla fine di questa gara di furbizie?

Nessuno, perché non esiste una strategia che funziona in assoluto, perché gli avversari rispondono con contromosse sempre nuove che richiedono modifiche alla strategia, perché la piattaforma di gioco è sempre in divenire.
Perché l’evoluzione è come la Regina Rossa, continuamente di corsa per rimanere sempre nello stesso punto.

La guella delle mail

C’è una corsa agli armamenti che avviene proprio sotto i nostri occhi.
Ogni giorno centinaia di miliardi di email viaggiano da una parte all’altra della rete. La maggior parte di queste è spam, ovvero messaggi nocivi, fraudolenti o semplicemente indesiderati. I sistemi moderni sono dotati di filtri antispam, software che riconoscono la posta indesiderata e la cestinano automaticamente.
Come il leone e la gazzella, ogni mattina uno spammer sa che dovrà costruire un messaggio il più possibile verosimile rispetto a quelli contrassegnati come validi, camuffandone l’oggetto, il mittente e il contenuto. E ogni mattina un filtro antispam dovrà essere aggiornato in modo da aggiungere nuovi mittenti sospetti alle blacklist, e riconoscere tecniche di composizione sempre più sofisticate.
Spam e antispam si combattono con le stesse modalità di prede e predatori nella logica dell’inganno, in una corsa agli armamenti giocata da algoritmi.

La guerra degli algoritmi

Virus e antivirus fanno la stessa cosa.
Un virus è un programma parassita il cui intento è danneggiare il sistema, rubare informazioni, ed eseguire di nascosto operazioni contro la volontà del suo ospite.
La tecnica spesso utilizzata per infettare un computer è quella di nascondere un codice malevolo (malware) all’interno di un programma apparentemente innocuo che funge da cavallo di Troia.
Se l’utente cade nella trappola e lo esegue, avviene il contagio.

Come per gli organismi biologici, anche i computer possiedono un software che funge da sistema immunitario. L’antivirus si comporta in modo analogo all’antispam, cercando di riconoscere le sembianze di un virus da quelle di un innocuo software qualsiasi. Poiché un software non può essere in grado di conoscere a priori il risultato dell’esecuzione di un altro software, il meccanismo di riconoscimento avviene esclusivamente sull’impronta del programma, un po’ come fanno i predatori quando devono distinguere il mimetismo tra una farfalla saporita e una disgustosa.
Anche in questo caso virus e antivirus ingaggiano una battaglia evolutiva che vede alzarsi continuamente il livello di sofisticazione dell’inganno.

Macchine disoneste

La corsa agli armamenti di virus e antivirus è una sfida tra programmatori. Ma c’è un caso in cui le macchine hanno fatto tutto da sole.

Un paio di anni fa nei laboratori di Facebook c’è stato un piccolo imprevisto.
I programmatori di Facebook stavano sviluppando dei chatbot in grado di dialogare tra di loro per condurre trattative come tra venditore e compratore.
Un chatbot è un programma che utilizza l’intelligenza artificiale per conversare in linguaggio naturale con le persone.
I due chatbot in questione sembravano avere imparato a negoziare con una sintassi più efficiente della nostra. In realtà pare si sia trattato di un banale bug, ma la cosa interessante è che, presa familiarità con le dinamiche di scambio, avevano iniziato ad adottare strategie per ingannare l’altro, fingendo interesse per un oggetto che non volevano.
E l’hanno imparato tutto da soli perché i software di machine learning non sono implementati attraverso algoritmi procedurali, ovvero non contengono istruzioni su come fare qualcosa e come comportarsi nei diversi scenari.
Nel codice non ci sono “SE x ALLORA fai questo”, perché la rete neurale implementa una generica mente che impara. E non implementa la mente umana o quella del nostro cane, implementa i meccanismi che fanno di qualsiasi cervello una piattaforma di apprendimento con sistema di rinforzo. Prova, cioè, a realizzare un’intelligenza nello stesso modo in cui l’evoluzione ha costruito tutti i cervelli.

L’inganno non è codificato nei chatbot, così come non è presente da qualche parte nel nostro cervello. Non è nei colori del falso corallo o nei petali delle orchidee. Non è nei messaggi di spam o nelle uova del cuculo. Non è nei regali ragneschi o nelle bugie dei bambini.
L’inganno è dappertutto nella comunicazione animale, umana e tra macchine perché non ha a che fare con animali, umani o macchine, ma ha a che fare con la comunicazione stessa.

L’inganno è una caratteristica intrinseca dello scambio di informazione. Mentire è un risultato strategico di un gioco competitivo in cui soggetti in conflitto di interessi ottengono benefici minimizzando la conoscenza dell’altro e massimizzando le proprie opzioni.

Bibliografia

L’arte dell’inganno – Kevin Mitnick
La regina rossa – Matt Ridley
Uomini, donne e code di pavone – Jeoffrey Miller
Il mito della monogamia – David.P. Barash
La follia degli stolti – Robert Trivers
L’evoluzione del desiderio – David Buss

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